UNA STORIA IN BIANCO E NERO
Carmelo era timido, timoroso e avaro, ma sempre sorridente.
Aveva ormai 37 anni ma non aveva mai conosciuto nessuna ragazza con cui stare insieme, o meglio, era uscito un paio di volte con Serena, una ragazza di Misano Monte, e si era invaghito quando aveva 26 anni di una ragazza di Milano che per un estate intera aveva incrociato tutti i pomeriggi dopo pranzo al caffé Pascucci di Rimini, di cui non sapeva neanche il nome né aveva mai avuto il coraggio di approcciare.
Nonostante i lauti guadagni derivati dal suo lavoro, odiava spenderli e, seppur potesse permettersi i più costosi capi d’abbigliamento e le auto all’ultimo grido, preferiva risparmiare e mettere da parte tutti i suoi guadagni.
Gli zeri che seguivano il 3 nel suo conto in banca, erano sei; d’altronde fare il dentista da sempre è stato un lavoro fruttuoso e Carmelo aveva studiato 7 anni per diventarlo.
A dir la verità una passione ce l’aveva, e se esisteva qualcosa nella quale spendere denaro non era per lui un peso, quella cosa era sicuramente andare a vedere la Juventus.
La prima volta che Carmelo andò a Torino a vedere la Juve aveva 14 anni e fu accompagnato da suo padre che, notando le sue difficoltà a fare amicizia con i ragazzi della sua età, pensò di portarlo allo stadio.
Quel pomeriggio, dopo essere stata sotto di due gol, la squadra bianconera riuscì prima a pareggiare, poi, all’ultimo secondo, a segnare grazie a un calcio di rigore che le regalò la vittoria.
Da quel lontano pomeriggio di Gennaio, le successive domeniche di Carmelo sarebbero state contrassegnate da due colori: il bianco e il nero.
Infatti ogni domenica verso le 3.00 di pomeriggio sintonizzava la radio su “Tutto il Calcio Minuto per Minuto” seguendo le partite di Serie A con l’orecchio sempre attento alle azioni della Juve.
Il 21 Agosto 1987, data del suo compleanno, compiuti i 18 anni, decise per la prima volta di comprare l’abbonamento per vedere tutte le partite casalinghe della Juve.
Ogni due domeniche infatti, prendeva da Piacenza (dove si era trasferito per lavoro) il treno delle 11.17 per arrivare in tempo alla partita.
Le altre domeniche, quando invece la Juve giocava fuori casa, continuava a seguire le partite alla radio.
Diventato un tifoso sfegatato, ogni lunedì apriva il suo studio odontoiatrico con il suo caratteristico sorriso, che era meno accentuato quando la Juve perdeva.
Passarono gli anni e, visto che in campionato vinceva sempre, la sua attenzione si spostò sulla Champions League, campionato europeo di Club, dove la Juventus non riscuoteva molto successo, soprattutto per il fatto che lì la competizione era molto più elevata.
Sapere nel 2006, anno del Mondiale, che la dirigenza Juventina comprava le partite, fu per lui un colpo al cuore, soprattutto perché capì di essere stato vittima di un triste teatrino dove i burattini erano proprio le persone più innocenti, i tifosi.
Passò la prima parte dell’estate sconsolato e infuriato contro quelle persone che aveva adorato fin da bambino, poi, verso Luglio, quando cioè la nazionale Italiana stava inanellando le prime vittorie nel campionato mondiale, iniziò a scordarsi dei fatti accaduti in precedenza.
Iniziò ad interessarsi della Nazionale, impazzendo letteralmente la sera del 9 Luglio, quando l’Italia vinse il mondiale, e quando lui si ritrovò in mutande sotto il monumento dei Pontieri di Piacenza.
Dopo aver festeggiato tutta la notte ballando e cantando, ubriaco come non aveva mai fatto prima, tornò al suo lavoro che continuò a svolgere con diligenza.
La sentenza della Federcalcio sui fatti capitati a Giugno confermò l’ipotesi peggiore che Carmelo e tutti i tifosi bianconeri scongiuravano: Juventus in Serie B.
Come poteva una squadra come la Juve finire nel baratro del torneo cadetto?
Carmelo non riusciva proprio a capacitarsene, ma, anche se con riluttanza, dovette ingoiare l’amaro boccone, rimboccarsi le maniche e continuare a tifare.
Continuò la sua vita: con i suoi soldi, col suo sorriso… e con la sua squadra del cuore.
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