LITANIE DI MORTE
Realtà finocchie, colori sbiaditi, il sole non è più quello di tempo fa.
La risacca, anch’essa stanca e grigia brontola.
Sono passati i tempi gaudenti del passato, gli anni passano e tutto sbiadisce, come una foto dei nonni che ingiallisce impotente nel terzo cassetto dell’armadio di rovere del primo piano.
Sembra ci sia solo tristezza nell’aria.
C’è odore di cambiamento, ma è un odore stantio, come se questa volta il cambiamento fosse forzato, quasi dovuto.
Tutto quello che abbiamo intorno va avanti inerzialmente, con poco brio.
Il pescatore pesca nel fiume ma non prenderà niente, sa perfettamente anche lui che i pesci sono tutti morti.
Questa è la nostra fine.
Lenta, inesorabile, eterna.
Un macigno sul nostro cuore, una nebbia nella nostra anima.
Possiamo solo cantare sottovoce la nostra personale litania di morte.
Lieve, senza passione.
Morta già prima di essere cantata.
La nostalgia suprema è sotto i nostri occhi, possiamo anche illuderci, facendo finta di non vederla.
Ma siamo già morti.
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