FUORIUSCITE PERICOLOSE
Aveva accettato.
Finalmente aveva accettato l’invito.
Dopo mesi di corteggiamento assiduo, Giacomo era riuscito finalmente ad ottenere l’assenso di Matilde per una cena tetè-a-tetè al ristorante “Cavalluccio Marino” di Trieste.
La corte di Giacomo era stata sfrontata, aveva provato tutte le strategie possibili; dalle rose fatte consegnare a casa, alle lettere lasciate tra i tergicristalli dell’auto.
Non c’era niente da fare, Matilde lo faceva impazzire, gli piaceva da morire.
L’aveva aspettato da tempo questo momento, ed eccolo arrivato; mancavano ancora quaranta minuti alla fatidica ora in cui si sarebbe dovuto presentare sotto casa di Matilde, quindi avrebbe avuto il tempo di farsi una bella doccia, profumarsi e prepararsi a puntino.
Si lavò, si profumò, e poi gli venne in mente una cosa.
“Devo masturbarmi” pensò Giacomo, “in fondo anche se stasera ho poche possibilità di portarmela a letto, devo essere sicuro di non fare figuracce.”
Ritornò in bagno, aprì la zip dei pantaloni e iniziò a smanettarsi.
Conclusa l’operazione una terribile dimenticanza, un assurda sbadataggine: non richiuse la zip.
Uscì con la barcavella aperta senza accorgersene.
Arrivò a casa di Matilde, prese il cellulare e le fece uno squillo, segnale del suo arrivo e di fatto richiesta di uscire di casa.
Dopo circa cinque minuti uscì Matilde: elegante, fascinosa, sexy… si avvicinò a Giacomo per baciarlo sulla guancia tre volte.
Nel mentre Giacomo si stava concentrando, non voleva cadere subito nel tranello.
“La devo guardare negli occhi! La devo guardare negli
occhi! Matilde era vicina…
“DEVO fissarla negli occhi”.
Un metro divideva i due, ma lo sguardo di Giacomo era caduto sull’abbondante scollatura.
Inevitabile!
– Ciao Giacomo! –
– Ciao Bella… –
Si baciarono sulla guancia.
Giacomo notò qualcosa di strano… non resistette; nuovamente gli occhi puntati sul seno, e… mah!
Giacomo rimase allibito, Matilde aveva un capezzolo di fuori, complice uno di quei vestiti alla moda attillati ma larghi, a Matilde, uscita senza reggiseno, le era uscito un capezzolo.
Cosa doveva fare Giacomo? Dirle di coprirsi? Far finta di niente? Aspettare che se ne accorgesse da sola?
Eppure avrebbe dovuto sicuramente escogitare qualcosa, altrimenti, e lo sapeva bene, avrebbe passato la serata a fissare quella protuberanza rosa.
Rifletté e decise di aspettare.
Salirono in macchina, indossarono le cinture di sicurezza, e Giacomo ebbe l’idea.
– Scusa Matilde, ma non vorrei che ti stringesse la cintura di sicurezza, ti faccio vedere -.
Prese la cintura del passeggero, e con un movimento dal basso verso l’alto cercò di far strisciare la cintura sul seno di Matilde, per alzare di qualche centimetro la scollatura e per cercare di coprire il peccaminoso capezzolo.
Purtroppo l’attrito dei due tessuti era troppo debole, e Giacomo dovette cambiare piano.
Guidò fino al ristorante, cercando di arrivare agli STOP a velocità sostenuta, per frenare bruscamente e permettere, tramite l’inerzia, di far salire il vestito, ma niente, l’unico risultato che ottenne fu quello di sembrare un impedito alla guida.
Arrivati al ristorante, Giacomo parcheggiò, scese, aprì la portiera a Matilde, e dopo qualche passo, anche se ancora era troppo presto, cercò un contatto fisico.
Anche se sapeva di sbagliare pose il suo braccio sulla spalla di lei, un gesto troppo intimo, troppo affettuoso da usare alla prima uscita.
Fatto questo, con le dita delle mani tentò, con un movimento ad uncino, di afferrare la spallina del vestito di Matilde, ma ciò che ottenne fu solamente una brutta occhiata.
All’interno del ristorante Giacomo, rosso dalla vergogna e consapevole che i risolini che provenivano dal fondo della sala erano rivolti a quel capezzolo, ma ignaro del fatto che fossero rivolti alla sua zip, tentò di non pensare alla cosa, ma ogni volta che provava ad iniziare una conversazione con Matilde, le guardava le tette.
Dopo aver mangiato antipasto e primo, Giacomo si alzò in piedi dicendo: – Basta! Io non ce la faccio più! – e con un movimento deciso afferrò il lembo di stoffa cadente, coprendo il capezzolo, ma
palpando una tetta di Matilde.
Lei infuriata gli mollò un ceffone sul viso e dopo essersi alzata disse: – Brutto porco! E’ tutta la sera che cerchi di toccarmi le tette! Io me ne vado… Non cercarmi più! E chiuditi la bottega dei pantaloni, che sei ridicolo! –
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