UFFICIO MORTI
Un fastidiosissimo odore muffoso dovuto alla prolungata chiusura della stanza che il signor Z aprì inondò le narici del dottor T, inasprendole.
Era ormai da più di tre settimane che quella porta era stata serrata con una doppia mandata di chiave e nessuno prima di loro due aveva pensato di lasciar arieggiare la stanza.
– Santo Dio! Che puzzo maledetto! – esordì il dottor T togliendosi di dosso il cappotto di raso, appoggiandolo su una delle quattro sedie presenti
nell’ufficio.
-… Sempre dietro a lamentarsi… – replicò il signor Z spalancando l’unica finestra presente nella stanza -… sa benissimo anche lei che lamentarsi serve a nulla, piuttosto si rimbocchi le maniche, dottore, e guardi cosa ci aspetta sulla scrivania -.
Una caotica pila di fogli sparsi inondava la disordinatissima scrivania, sulla quale sarebbe stato difficile infilarci anche solo uno spillo.
– No! Non me lo dica, ogni volta la stessa storia… – disse il dottor T osservando affranto il selvaggio mucchio di scartoffie.
Ogni volta che si tornava dalle ferie, si accumulava così tanto lavoro che per le due settimane seguenti sarebbe stato necessario utilizzare qualche ora all’infuori dell’orario lavorativo per ritornare in pari con il lavoro.
Le scadenze erano tassative, e non rispettarle avrebbe creato incongruenze nel libro del destino.
L’ufficio morti funzionava così, se una persona doveva morire il 15 Agosto non si poteva rimandare, bisognava rispettare ciò che era scritto nel libro.
– Cinquecento oggi, novecentoventotto domani, settecen… – il dottor T sbuffò ripensando a pochi giorni prima, quando si trovava in compagnia della
moglie su una nuvola solitaria posizionata sull’Oceano Pacifico, al largo dell’Argentina.
-… non si può fare esplodere un bus in Estremo Oriente? Ne depenneremo cinquanta in un colpo solo – disse ad alta voce il dottor T.
– Suvvia dottore, faccia il serio – gli rispose il signor Z che si era seduto di fronte al suo computer, nella sua posizione abitudinaria – si segga, se iniziamo subito potremmo finire in tempo -.
Ci fu un attimo di silenzio nel quale il dottor T si sedette afferrando la sua penna.
– Allora… – iniziò genericamente il signor Z ruotando lentamente il mouse fissando concentrato lo schermo – Nikkolai Carlsson, svedese, 75 anni, infarto? -.
– Vada per l’infarto, oggi pomeriggio alle 17 durante la solita camminata al parco – disse il dottor T scrivendo qualcosa di incomprensibile su uno dei fogli.
– Bene, continuiamo. Ackmed Al-Jaddar, arabo, 28 anni -.
– Fulminato -.
– Come fulminato? – il signor Z deviò lo sguardo dallo schermo per fissare interrogativo il dottore.
– Fulminato – insistette T.
– Dottore, faccia la persona seria, bisogna trovare una morte credibile -.
– Vecchiaia -.
– Ma, dottore. Ha 28 anni! -.
– Che barba, signor F – disse il dottor T che non riusciva mai a ricordarsi il nome del collega – lei è troppo fiscale, non le va mai bene niente… se vuole me ne vado -.
– Accipicchia dottore, siamo nervosetti, non faccia così… dico solo che bisogna trovare delle morti credibili -.
Andavano avanti sempre così i due colleghi, bisticciando di frequente ma effettivamente sempre senza cattiveria.
Soffrivano la monotonia di un lavoro nel quale dovevano scegliere la fine per ogni uomo, inutili giudici di un destino già scritto.
Potevano solo decidere il come, ma mai il quando.
che franci…