QUESTIONI DI PELLE
Era un negro, un negro di merda.
Arrivato dal Senegal in cerca di fortuna, Kahmil era giunto in Italia per superare la fame e per cercare di mantenere la sua numerosa famiglia africana.
In Italia, gli avevano detto, il governo era buonista e il lavoro non mancava.
Ma una volta sbarcato, Kahmil si scontrò con la dura realtà, fatta di pregiudizi e di razzismo.
Parlava l’arabo, il francese, l’inglese e avrebbe imparato l’italiano, ma il primo lavoro che trovò fu il lavavetri.
Passò il rigido inverno al semaforo di Via Mazzini, cercando lavoro nel tempo libero come benzinaio o manovale, ma neanche in quei settori trovò comprensione.
Con l’arrivo dell’estate e consigliato dalla comunità senegalese presente a Rimini, iniziò la stagione come Vù Cumprà; conobbe i soprusi da parte del racket che aveva in mano il mercato della merce contraffatta.
Quello che gli dava fastidio, non erano i NO stizziti della gente, e neppure l’indifferenza, bensì il pregiudizio che avendo la pelle colorata doveva essere per forza un ladro.
Infatti, quando si avvicinava a qualcuno, notava le persone nascondere oggetti di valore come telefonini, catenine e portafogli.
Decise alla fine dell’estate di tornare in patria, meglio povero a combattere la fame che denigrato in un paese di razzisti.
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