Racconto che ha partecipato al concorso “Insanamente 2011” indetto dalla casa editrice Fara Editore e sponsorizzato dall’Avis di Cattolica.
Il racconto è stato segnalato come degno di nota e inserito sul blog della casa editrice.
Giudizio
È bene utilizzata la struttura del racconto breve per evidenziare con flash di ricordi, corrispondenti a momenti temporali diversi, fino a raggiungere il presente nel finale, il carattere, la genesi e la cura della malattia di Ettore. Il linguaggio segue con delicatezza e precisione tale struttura, delineando i contorni di una vicenda credibile e ben rappresentata. Bella la trovata della voce di Mr I che guida Ettore sulla spiaggia diradando la nebbia della sua coscienza. Trovata che apre l’impianto realistico di fondo del racconto alla dimensione simbolica. (Francesco Gaggi)
NEBBIONE
Nebbia.
La nebbia e l’odore di salsedine avvolgono la scena.
In lontananza è udibile un suono, intermittente, baritonale, distante ma allo stesso tempo chiaro e perfettamente riconoscibile.
All’interno della scena Ettore, seduto sulla battigia. Gli occhi ancora chiusi, le gambe incrociate, le mani raccolte e la testa pesante, rivolta verso il basso.
Si può intravedere da dietro la sua sagoma, di spalle, anch’essa avvolta e intrisa di bruma.
E’ un paesaggio singolare, nebbia fittissima dove nulla risulta nitido, nulla mantiene le normali forme definite.
Una scena onirica, il paesaggio ricorda un sogno, eppure nell’aria aleggia una sensazione di realtà.
Ettore inspirò profondamente. Un solo respiro, deciso, risoluto, un sussulto.
– Lo senti il rumore del faro? -.
Ettore aprì gli occhi, alzò la testa e guardò in lontananza.
Si sentì spiazzato. La nebbia aveva reso tutto opaco, non esisteva più un orizzonte definito.
Inspirò una seconda volta. Un respiro lungo, quasi teso a riacquistare forze, come per ricaricare le energie.
Vide solo grigio intorno a sé. Cercò di capire cosa stesse succedendo ma era ancora intorpidito e si sentì ancor più perso.
– Mi hai sentito? – ribadì la stessa voce di qualche secondo prima – Lo senti il rumore del faro? -.
– Sì – rispose Ettore quasi automaticamente, senza controllare da dove venisse quella voce – sento un rumore, ma non è il rumore del faro, il faro emette solo la luce. Il suono lo produce il nautofono. Questo è il suono del nautofono -.
Si guardò intorno per un tempo lungo, indefinito. Non riusciva proprio a capire dove fosse e intanto, anche solo per qualche secondo, il paesaggio era tornato silenzioso.
Fu attorniato da una sensazione di paura e sgomento, lo smarrimento che stava provando iniziò a preoccuparlo e impaurirlo.
Diversi pensieri gli riaffiorarono in testa e si rese conto di non ricordarsi minimamente com’era finito in quel posto. Lo smarrimento fu talmente grande da inondarlo di una sensazione di sconforto e pessimismo ancor più grande.
– Come ti senti ora? – riprese a parlare la strana voce.
– Non tanto bene… – rispose senza rendersi conto, poi: – Ma chi sei? – chiese spaventato Ettore.
– Come chi sono? Non mi riconosci? – rispose la strana voce accompagnando le parole con una lunga e divertita risata – sono sempre io, Mr I -.
Ettore si sentì ancor più confuso, quel nome gli ricordava qualcosa.
Si guardò di nuovo intorno, la fitta nebbia non gli permetteva di distinguere nulla. Riusciva sì ad udire il suono del nautofono, ma non era in grado di riconoscere il paesaggio, una distesa di colore grigio, un pot-pourri di suoni e odori, una visione cieca dell’universo.
Lo avvolse una sensazione particolarmente inusuale, la nebbia sembrava aver offuscato anche i suoi pensieri. Come nel paesaggio esterno anche all’interno della sua mente non esistevano più punti di riferimento e ricordi nitidi.
Voleva fare qualcosa, voleva capire. Quindi si alzò.
Ma il solo sforzo di alzarsi lo fece sentire stanco, pesante, goffo.
Provò ad accennare qualche passo, ma senza punti di riferimento gli parve di camminare ad occhi chiusi, con il groppo nello stomaco tipico di quando si salta nel vuoto. Dovette fermarsi e sedersi di nuovo.
Gli venne da piangere.
Capì che voleva esprimere le sue sensazioni, che voleva parlarne con qualcuno per liberarsi da quella tristezza. Fu invaso da un’irrefrenabile voglia di scrivere per riversare su carta i pensieri negativi.
Cercò nelle tasche, trovando incredibilmente una penna e un taccuino.
“Chi ha messo queste cose nelle mie tasche?” in un lampo il pensiero gli sfiorò la mente, ma poi se ne scordò subito.
Aprì il taccuino, intonso e completamente bianco, provò a scrivere ma dalla penna non uscì una parola. Era come se la sua mano si rifiutasse di posizionarsi sulla carta.
Iniziò a piangere, un pianto lamentoso. Non un pianto di dolore piuttosto di impotenza.
A quel punto si sentì toccare la spalla.
– Non ti preoccupare, è tutto a posto -.
Ettore si girò di scatto.
– Chi va là? – provò a concentrare lo sguardo dietro di sé ma non riuscì a scorgere nessuno.
– Sono io, sono qui -.
Se n’era dimenticato, quella era la voce di Mr I.
– Mr. I, dove sono, che ci faccio qui? – chiese disperato Ettore.
– Non ricordi? Siamo venuti qui a fare quel viaggio, il viaggio nel passato -.
Fu un flash per Ettore che sembrò ricordare qualcosa. La voce di Mr. I lo aveva reso più tranquillo, gli sembrava di stare a casa. Cercò di focalizzare meglio e gli parve che anche la nebbia intorno a lui si fosse diradata un po’.
– Mi hai portato tu qui, Mr.I? –
– No, io ti ho solo accompagnato, hai sempre guidato tu, non ricordi? -.
Era stato un viaggio strano, rapido, immediato.
– Forza! Ora dobbiamo continuare. Seguimi! -.
– Ma non ti vedo, come faccio a seguirti? -.
– Segui la mia voce… -.
Ettore riposizionò penna e taccuino nella tasca in cui li aveva trovati.
Mr I si incamminò iniziando un monologo ed Ettore lo seguì.
La voce di Mr I rendeva Ettore incredibilmente tranquillo, si sentiva protetto.
Più camminavano più la nebbia iniziava a scomparire; durante il tragitto a Ettore sembrò quasi di assistere ad un film. Inizialmente tutto sembrava nitido e a risoluzione elevata poi, andando avanti, le immagini apparivano sempre più sbiadite.
Avanzavano sulla battigia i due, parlando di tante cose, sempre osservando le persone intorno a loro. Ettore ebbe l’impressione di essere invisibile agli occhi dei passanti, ma si scordò presto anche di quella sensazione.
Si erano fermati spesso durante il tragitto e anche la nebbia si era placata, scomparendo quasi del tutto.
Durante le svariate tappe, Mr. I chiedeva ad Ettore di analizzare la scena poi, dopo qualche minuto, lo prendeva per mano portandolo alla scena successiva.
Finalmente, dopo numerose fermate, la memoria di Ettore lo inondò di ricordi. Fu in particolar modo colpito da una scena precisa.
Mr I lo accompagnò nei pressi di una finestra socchiusa per permettergli di assistere ed ascoltare quello che stava succedendo all’interno.
Nel bel mezzo di un aula di scuola un ragazzo biondo, di tredici anni all’incirca, stava leggendo il compito che aveva svolto a casa e del quale era tanto orgoglioso.
Si intuiva che stava leggendo la sua opera con orgoglio, sapeva che il suo scritto era ben fatto.
Stava ancora leggendo quando il professore alzò la voce per fermarlo. Iniziò a redarguirlo, umiliandolo davanti a tutti, strappandogli i fogli dalle mani, appallottolando la carta per gettarla nel cestino della classe.
Tutti gli altri alunni iniziarono a ridere mentre il ragazzo, senza scomporsi di una virgola, si dovette sedere in fondo alla classe ed indossare un cappello con le orecchie d’asino.
Ettore iniziò a piangere, gli sembrò di poter captare i reconditi pensieri del ragazzo, di poter interagire con i suoi sentimenti.
Si girò per esprimere le sue sensazioni a Mr I, ma venne interrotto.
Un inaspettato suono improvviso lo bloccò, quasi come se fosse una sveglia, un forte battito di mani.
Ettore venne inondato da una luce estremamente luminosa.
– Sveglia! Sveglia! -.
Ettore cercò di focalizzare meglio la scena, che cambiò totalmente.
Si ritrovò steso su un divano di pelle, il signore in piedi davanti a lui lo stava scuotendo con un gran sorriso sulle labbra.
– Bene! Buon lavoro oggi Ettore! – disse il dottor Ilario Zeppi congratulandosi con Ettore.
– Scusami, ma sono già le 15.05 e il prossimo paziente mi sta aspettando -.
Ettore si alzò ancora confuso, si infilò la giacca e si sedette aspettando che il dottore gli firmasse la ricetta con i farmaci da assumere in settimana.
Osservò tutti gli attestati presenti in sala, la laurea in psicologia del dottore e i vari corsi frequentati durante gli anni.
– Continuiamo con il Valium e le due pasticche serali, io direi di fare altre tre sedute -.
– Bene dottore, allora ci vediamo la prossima settimana, sempre alle 14 -.
Ettore si avviò verso l’uscita con in mano la ricetta, ma proprio mentre stava aprendo la porta fu fermato nuovamente dal dottore.
– …ah, Ettore! Ricorda! Scrivi, cerca di mettere su carta tutti i tuoi pensieri e i tuoi umori. Che quella è indubbiamente la miglior cura per i tuoi problemi -.
mi piace l’idea del viaggio nella mente, l’ipnosi retrograda…la possibilità di pescare ricordi sepolti sotto quelli più recenti…qualcuno direbbe anche di vite precedenti…il tutto accompagnati dolcemente…