Nel mondo delle chiamate a freddo ci si divide in due scuole di pensiero: chi preferisce seguire uno script scritto parola per parola e chi invece improvvisa ogni telefonata. Ma la verità, come spesso accade, sta nel mezzo. Uno script non è una gabbia, ma una guida. E il modo in cui lo usi può fare la differenza tra una chiamata andata a vuoto e una conversazione efficace.
Avere uno script standard ti dà sicurezza.
Sai sempre cosa dire, in che ordine, e come arrivare al punto. È particolarmente utile per chi è alle prime armi o per team numerosi che devono mantenere un linguaggio coerente.
Il limite? Rischia di suonare meccanico, poco autentico. L’interlocutore lo percepisce e si chiude.
Uno script personalizzato, modellato su ogni cliente o settore, permette di adattarsi meglio alla conversazione. È più umano, più empatico. Ma richiede più preparazione, più concentrazione e più esperienza.
Il rischio? Perdere il filo, andare fuori tema o non arrivare all’obiettivo.
La soluzione più efficace è lavorare su una struttura fissa (chi sei, cosa fai, perché chiami) e lasciare flessibilità nell’esecuzione. Ogni script dovrebbe essere scritto con parole proprie, senza frasi da call center.
All’interno della cornice, ognuno trova il proprio stile.
Esempio:
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Chi sono: Buongiorno, sono Luca di XYZ
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Cosa faccio: Ci occupiamo di consulenza per aziende del settore X
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Perché chiamo: Il motivo della mia telefonata è capire chi, in azienda, si occupa di...
Poi si ascolta. E da lì inizia la vera conversazione.
Uno script non nasce perfetto. Va scritto, testato, rivisto. Dopo ogni chiamata, prendi nota di cosa ha funzionato e cosa no. Così il tuo script evolve con te.
Il migliore è quello che sai recitare a memoria, ma che non sembra mai recitato.
Non esiste uno script perfetto. Ma esiste lo script giusto per te.
E si costruisce giorno dopo giorno, chiamata dopo chiamata, test dopo test.
Quello che conta non è il testo che hai davanti, ma la conversazione che riesci a costruire con chi ti ascolta.