Il cold calling è uno di quei mestieri che portano con sé un alone di diffidenza. È come bussare alla porta di qualcuno, senza invito, sperando che non solo ti apra, ma ti faccia anche entrare. Per molti, il solo pensiero evoca imbarazzo, fastidio, talvolta vergogna.
"Ma davvero nel 2025 c'è ancora qualcuno che fa le telefonate a freddo?".
Sì. E no, non è un residuo degli anni ’90. È uno strumento, e come tutti gli strumenti, va capito, contestualizzato, riscritto.
Il problema del cold calling non è il cold calling.
È l’approccio con cui viene affrontato. Come spesso accade, non è la tecnica ad essere sbagliata, ma l’interpretazione che ne diamo. Non è il bisturi che incide male, è la mano che lo impugna senza cura.
Quando non funziona, è perché:
-
manca un target preciso e si chiamano aziende a caso, come se tutte fossero uguali;
-
si utilizza uno script scritto da qualcun altro, letto con voce meccanica e senza ascolto;
-
si fa monologo e non conversazione, come se vendere fosse parlare, invece che domandare;
-
si ha fretta: si vuole "chiudere" subito, mentre il telefono – oggi più che mai – serve ad "aprire".
Quando invece funziona, è perché dietro c’è:
-
uno studio: chi sto per chiamare, cosa potrebbe servirgli, che problemi affronta quotidianamente;
-
una strategia: questa telefonata fa parte di un percorso più ampio, fatto di follow-up, email, LinkedIn;
-
una misura: l’obiettivo non è firmare un contratto, ma ricevere un nome, un “sì, ci sentiamo la prossima settimana”, un contatto utile.
Un tempo il telefono era uno strumento di vendita. Oggi è uno strumento di relazione. E le relazioni – quelle vere – richiedono ascolto, rispetto dei tempi, capacità di leggere tra le righe.
Il cold calling non è morto.
È solo uscito dall’età dell’oro dell’aggressività per entrare in una fase più adulta. Più lenta, forse. Ma anche più lucida.
È una partita a scacchi, non una corsa a premi.
Chi lo fa oggi, lo fa con metodo. Con il tono giusto. Con la consapevolezza che ogni "no" detto da un decisore è un passo in più verso il "sì" che conta davvero.
Perché alla fine, in un mondo che ci bombarda di messaggi automatici, pop-up, notifiche e mail di massa, la voce di una persona che ti chiama per nome – e che sa cosa vuole – può essere ancora un’eccezione.
Una che si fa ricordare.